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gli strani naviganti del lago maggiore

Gli strani naviganti del lago Maggiore

Il Fulvio per anni ha lavorato per rendere il proprio motoscafo un “gioiellino” del Lago Maggiore. Me lo ricordo bene quando era il motoscafo che – con la tolda in legno sempre sempre tirato a lustro, impeccabile nelle verniciature e nelle cromature, sempre in ordine nei sedili passeggeri – aveva, nel giudizio del suo proprietario, solo un lieve svantaggio: non ci stavano tutte le persone che la cortesia del servizio offerto riusciva puntualmente a far salire per un trasporto all’Isola Bella, o alla Pescatori.

Era partita allora una scommessa, quando il Fulvio, a cui brillano gli occhi se deve parlare della sua amata barca, aveva comunicato ad amici e a colleghi motoscafisti che in un certo inverno (si era nel 2014...) il suo scafo partiva per il rimessaggio e... per essere allungato, passando a consentire invece che i trentanove posti, gli attuali cinquanta e più. Tutti erano perplessi, ma il Fulvio c’era riuscito... al ritorno nel 2016 sullo specchio d’acqua su cui si affaccia il Lido di Carciano, il motoscafo era più lungo di quasi quattro metri e capace di ospitare 57 passeggeri!

Ma non era ancora bastava: il motoscafo doveva essere qualcosa di più di un semplice mezzo di trasporto “allungato”. Era diventato quasi una barca da pirati, con un timone in mezzo ai sedili passeggeri (per far divertire i bambini, e – ci scommetto – molti dei loro nonni...), spadoni e sciabole che pendono dalle pareti, trine e merletti da capitan Uncino ai finestrini, un prendisole a poppa che sembra quasi quello di un galeone, tanto che ci mancherebbero solo un paio di grandi lanterne spagnolesche appese alla battagliola per completare al meglio l’atmosfera (faccio grazia dei cannoni fuoribordo, visto che si tratta di un mezzo non militare, per fortuna!).

Ma il Fulvio sbaglia, a pensare che il suo “Pirata” (questo il nome dell’imbarcazione), bus d’acqua del Verbano, sia la più curiosa delle imbarcazioni che hanno solcato le onde del lago Maggiore.

Prima del Pirata, infatti,vi sono stati alcuni natanti ancora più curiosi; ne cito solo tre, che però hanno veramente fatto la storia della navigazione sul nostro Lago.

Cominciamo dunque dal più strambo di tutti, quel dispositivo che rendeva l’uomo un “ermamfibio”: ecco qui in immagine l’Efidroforo, una specie di ciambellone galleggiante escogitato nel 1785, e destinato secondo le intenzioni degli inventori milanesi Agostino, Carlo e Carlo Giuseppe Gerli, a servire come canotto personale (anche se assomigliava di più a una caramellona col buco...) per un soldato che dovesse guadare, armato di tutto punto, un corso d’acqua o un lago intero. Non sappiamo quanta praticità questa invenzione dei tre fratelli Gerli ebbe, e – nonostante essa fosse per certi versi ripresa dai geniali disegni di Leonardo da Vinci - dubitiamo che mai funzionò, né mai venne adottata in alcun esercito, del Regno Lombardo Veneto o di altra zona d’Italia. A noi, che amiamo collezionare i bei libri, resta il piacere di curiosare tra le pagine di questo opuscolo, e notare l’eleganza della composizione della Tipografia Pirola di Milano.

Facciamo un salto di quasi un secolo e mezzo: siamo a inizio Novecento, quando un altro geniale inventore (questo però persona seria...) si presenta sul Lago Maggiore con una strana diavoleria fatta di scafo e di eliche. Il suo nome? Enrico Forlanini! Già, proprio quello “dell’Aereoporto” di Linate. In effetti, Forlanini è un pioniere del volo e delle macchine volanti. Ma con il suo “Idroplano” non scherza mica: a metà tra barca e aereo, un po’ insetto e un po’ aliscafo, Forlanini riesce a raggiungere velocità di settantacinque chilometri all’ora, sollevandosi dall’acqua per impulso impresso da due gigantesche eliche che pur facendo un baccano del diavolo, imprimevano alla macchina uno spunto “che pareva voler strappare l’imbarcazione dal lago a portarla a vagar per il cielo”. Chissà se oggi chi viaggia comodamente sui veloci aliscafi verbanesi conosce questi primi esperimenti di centoventi anni fa?

E passiamo alla terza imbarcazione curiosa del lago Maggiore: la Chiocciola di Carlo Emanuele Basile. Questa, almeno, fu una imbarcazione che diede buona prova di sé, salpando proprio da dove ora Fulvio ha il proprio attracco, al Lido di Carciano, e arriviando a coprire l’intera distanza tra Lago Maggiore... e Venezia in 14 giorni! Si era negli anni Venti, e un personaggio di notevole peso politico del Novarese, Carlo Emanuele Basile, fece approntare ai cantieri Taroni di Carciano una specie di chiatta, con una balconata prendisole, prua e poppa buffe, quasi alla norvegese... Con quella barca strampalata il Basile si imbarcò con la moglie Francesca per una crociera lungo Ticino e Po. Anacronistica imbarcazione per un anacronistico viaggio, che però colpisce ancora oggi la fantasia: sono note le difficoltà (rapide, secche, ponti bassi, problemi di scarsa manovrabilità) cui andavano incontro la Chiocciola e i suoi proprietari, e chi vuol conoscerne i dettagli, non ha che leggere il racconto che della vicenda fece, dopo trent’anni, Carlo Emanuele Basile, nel romanzo “Le Quattro Amiche” (Cappelli, Bologna 1958).

[Il Sinasso jr]