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il museo del cappello di ghiffa

Il Museo del Cappello di Ghiffa Di Luca Sconfienza

 

 

In quest’articolo, parliamo di una gloriosa attività passata che ha caratterizzato la parte nord occidentale del Lago Maggiore nei tempi andati: la lavorazione e produzione del cappello di feltro.

Mentre Intra, già dagli inizi dell’ottocento, poteva vantarsi dell’appellativo di “piccola Manchester” per i numerosi cotonifici e stabilimenti tessili presenti in città, nella piccola Ghiffa, verso il confine con la Svizzera, nasce e si sviluppa nel corso del secolo, il Cappellificio Panizza che produsse, a partire dal 1881 e per buona parte del novecento, pregiati cappelli di feltro da uomo, affiancandosi in questa moda ad altri celebri marchi italiani come la piemontese Borsalino. Queste attività, a carattere fortemente artigianale ma con produzione industriale, furono rese possibili in questa zona vicinissima al lago dalla possibilità di attingere numerosi quantitativi d’acqua necessari per la maggior parte delle lavorazioni legate alla creazione dei copricapi.

 

Nel 1994, alcuni anni dopo la chiusura definitiva della produzione, in una parte dell’ex fabbricato produttivo, alcuni ex-cappellai capitanati da Franco Mondolfo creano il Museo del Cappello iniziando dalla donazione di alcuni macchinari e di altro materiale da parte dell’ultimo proprietario.

Oggi ancora e dopo oltre vent’anni di proficua attività, l’esposizione racconta, attraverso macchinari originali, foto d’epoca ed un’esposizione di creazioni dell’azienda negli anni, la produzione di un accessorio indispensabile che, tra l’altro, sta tornando di moda, per l’uomo che vuole distinguersi.

Negli ambienti del museo, si scopre così come dal pelo di cinque conigli venisse ricavato un cappello (e alla Panizza negli anni di splendore fino alla prima metà del Novecento, si arrivò a produrre fino a 240.000 cappelli annui, con una dotazione di circa trecento operai negli anni 50’), si esplorano i segreti dei cappellai e della loro arte, a partire da quando il mestiere era completamente manuale, fino alla sua meccanizzazione, si scoprono le varie fasi di lavorazione: dalla feltrazione all’imbastitura di un grande cono di feltro, alle successive riduzioni di dimensione, alla tintura, la modellatura e la guarnitura finale con l’applicazione del nastro e della fodera che fascia internamente il cappello. La visita permette anche di apprezzare le diverse fogge di cappelli in uso nel corso dei secoli ed esposte in una grande vetrina centrale: ricchissimo l’archivio storico costituito da foto d’epoca e documenti, cui si è aggiunto l’eccezionale ritrovamento del primo filmato pubblicitario a colori della Panizza (anni ’50).

 

Da ricordare anche, che in un’altra ala del complesso, quella posta a lago, vi è il Brunitoio, dove ha sede un’officina di incisione e stampa e dove l’omonima associazione culturale organizza mostre d’arte contemporanea, laboratori d’incisione ed incontri culturali legati all’arte della scrittura ed alla storia locale.