Il miglior modo per visitare questo panoramico monumento, è solo provenendo dal lago. Dal pelo dell’acqua, svetta in modo impressionante aggrappato sulla roccia soprastante e dalle sue terrazze si può altresì godere di uno scorcio incomparabile sul Lago Maggiore. La sua storia è avvolta in un alone di leggenda.

Un tale Alberto, appartenente alla locale famiglia dei Besozzi, facendo il commerciante sulle due sponde del Lago si era arricchito molto. Una sera, tornando dalla sponda occidentale piemontese del lago, fu scaraventato da un forte vento contro lo scoglio c.d. del Sasso Ballaro (per la roccia soprastante instabile); nella drammaticità del momento, Alberto fece voto a Santa Caterina d’Alessandria che se avesse avuto la vita salva, si sarebbe ritirato qui a vita da eremita e mantenne la parola, ritirandosi in una spaccatura della roccia poco più distante che trasformò in una grotta. Siamo alla fine del XII secolo. Durante una grande pestilenza si chiese, a furor di popolo, a colui che sarebbe poi diventato beato, d’intercedere e l’eremita, rispose che, in cambio, gli abitanti avrebbero dovuto erigere sopra la grotta un sacello del tutto simile a quello presente sul Monte Sinai, cappella tombale della santa. Fu fatto ed il luogo divenne sede di pellegrinaggio ed anche primo cenotafio del beato.

Oggi il complesso è formato da due conventi ed una chiesa che riunisce tre precedenti chiesette, con la presenza di splendidi porticati in ogni costruzione facente parte del complesso. Ai frati domenicani che costruiscono il primo santuario ed il conventino succedono, nella gestione, a partire dal 1310, gli Eremiti Agostiniani e, dall’inizio del seicento, i Carmelitani fino alla soppressione del convento avvenuta nel 1770. Anche se, nel 1970, l’eremo viene acquisito dall’Amministrazione della Provincia di Varese, dal 1986 ritornerà una comunità di Domenicani.

Nella nostra visita, dapprima incontriamo il Convento meridionale di origine medioevale e poi rifatto nel seicento, che presenta sette archi che ritmano un delizioso portichetto strapiombante sul lago ed incorniciano una vista incomparabile sul lago. All’interno, troviamo la sala di origine gotica del Capitolo, poi sopraelevata sempre nel seicento, il che ha portato in gran parte a rovinare gli affreschi tre-quattrocenteschi presenti. Il più prezioso ancora in parte leggibile è una Deposizione dalla croce, capolavoro della pittura lombarda del primo trecento della quale sono visibili un gruppo di soldati, una testa aureolata e ricciuta che fa pensare a S.Giovanni ed un lato del costato di Cristo. Al centro dell’affresco, troviamo un uomo con uno strano copricapo fatto con la pelle del muso di un animale (forse una volpe). Forse è il primo priore del complesso nel trecento Gaspare De Rogiatis. L’altro affresco, d’impronta tardo gotica (1439), sulla parete destra dell’ingresso, è meglio conservato e raffigura due santi protettori degli animali: il vescovo S.Eligio, che benedice il ginocchio spezzato di un cavallo e Sant’Antonio Abate. Un cortile con un’imponente torchio settecentesco per la spremitura delle uve o delle olive ci separa dal c.d. Conventino trecentesco domenicano, dalla linea semplice, con un portichetto ad archi gotici che lo fa rassomigliare ad un medioevale broletto e con soprastanti finestrelle romaniche. Sotto al portico, è ancora presente con alcuni lacerti il curioso affresco della Danza della Morte, nel quale, in quindici riquadri, era ritratto l’improvviso spesso irrompere della morte nella nostra vita, alla quale ci dobbiamo preparare pregando. Prima di parlare della Chiesa, vi è da ricordare che, sotto l’area del campanile, vi è la presenza nel lago della c.d. fossa di S. Caterina che raggiunge la ragguardevole profondità di 313 metri. Un portico cinquecentesco dalle linee rinascimentali ci introduce alla Chiesa. Sulla sua parete un affresco recuperato con una principesca S. Caterina, Santa Maria Maddalena con gli aromi per ungere il corpo del Cristo e Santa Lucia con il suo attributo da martire costituito dagli occhi posati sul petto. Molto eleganti anche le grottesche a lesene  pompeiane pure presenti sulla parete del portico ed una terna di santi opera della bottega del figlio del famoso Bernardino Luini.

Entrati nella chiesa dalla porta del campanile, all’interno ritroviamo cinque corpi architettonici diversi oggi uniti in un solo tempio ma che ebbero differenti origini nel corso del tempo, a partire da inizio 1200, fino alla sistemazione con l’assetto definitivo a cui si giunse non prima della seconda metà del cinquecento: le cappelle di S. Nicola, di S. Caterina, quella di S.Maria Nova, la cappelletta della tomba oggi del Beato Alberto, ed, infine, il sacello primitivo. La terza cappella costruita, quella di S. Nicola è ancora oggi la più preziosa con l’affresco della crocefissione databile attorno al secondo decennio del trecento, sormontato da un Cristo in mandorla dai colori iridescenti a mo’ di cornice, attorniato dai quattro evangelisti effigiati secondo l’iconografia tetramorfa della visione d’Ezechiele: Marco il leone; Luca il bue; Matteo l’angelo e Giovanni l’aquila. Degna di nota è anche la pala dell’Altare Maggiore con i protagonisti della storia dell’eremo: da destra il Beato Alberto che assiste allo sposalizio mistico di Santa Caterina che riceve l’anello da Gesù Bambino seduto sulle ginocchia della Madonna: sulla sinistra, S. Nicola guarda la scena, con in mano tre sacchetti di monete che donò a tre fanciulle orfane di madre che il padre voleva far prostituire. Caterina è raffigurata con in testa la corona perché figlia di re, la palma del martirio ed è attorniata dagli strumenti della sua morte la ruota e la spada.

Come detto, fra la cappella di S. Maria Nova ed il sacello si trova la c.d. cappella dei sassi. Ad inizio settecento, dei massi soprastanti che caddero sulla chiesa rimasero incastrati nella volta della cappella, fino al 1910 quando si adagiarono miracolosamente a terra. In questa zona, nel 1535 furono ritrovati i resti del Beato. Ora, al centro dello spazio, è presente l’urna con i resti di Alberto. Nella zona dove vi era la tomba originaria  ora è presente un trittico con la Pietà, S. Caterina a sinistra ed il Beato Alberto a destra; qui venne due volte in venerazione San Carlo Borromeo.

Infine troviamo l’area del sacello di S. Caterina origine di tutto il santuario (quello che vediamo oggi non è più quello originario del 1195-1200 ma, probabilmente, è del secolo XVI, quadrato ed affrescato e che sormonta quella che doveva essere la famosa grotta dell’eremita che ha dato origine a quest’affascinante luogo di meditazione.

 

Testo di Luca Sconfienza - guida autorizzata per il VCO